La legalità nel Medio Evo

La luce vince sempre sul buio

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La legalità nel Medio Evo

Intervento del 21 dicembre 2014 presso la Sala delle Conferenze del 501 Hotel di Vibo Valentia per conto di varie Associazioni benefiche e culturali del vibonese in occasione di un convegno avente per oggetto la difesa della Legalità.

SALUTI A TUTTI GLI INTERVENUTI

Saluto tutti gli intervenuti che in questa serata pre-natalizia, ci hanno onorato con la loro presenza.

Serata  che avrebbe consigliato di recarsi presso i Centri Commerciali a comperare i regali, se non fosse che la crisi ci ha svuotato le tasche e, partecipare a questa manifestazione può diventare un alibi nei confronti di chi il regalo se lo aspetta ma… non lo riceverà, perché si sentirà dire: non ho avuto tempo di andare a comprartelo perché sono dovuto andare ad ascoltare quei miei amici, altrimenti, non vedendomi, si sarebbero offesi.

Speriamo, quindi, che con questo nostro incontro, si sia riusciti a contribuire al risparmio economico ed all’arricchimento culturale.

Ciò detto, passiamo alla trattazione.

Il medioevo, come tutti certamente sappiamo, inizia con l’avvento dei carolingi sul trono di Francia, quindi intorno all’anno 800 d.C. e termina con la scoperta dell’America, si suppone a cura di Cristoforo Colombo, il 12 ottobre 1492.

I carolingi, che passeranno alla storia come una grande Famiglia fedele al Papa e allo Stato Vaticano, erano quelli che cacciarono i Marovingi, altra dinastia che per gli studiosi del cristianesimo delle origini, hanno tanto da raccontare.

Ma non è di questo che parleremo stasera.

Stasera parleremo di quel periodo, il medioevo, che, a torto, viene considerato un periodo di oscurantismo.

Di contro, esso fu un periodo pregno di alti principi morali e con un forte culto per la legalità rappresentato nella sua massima espressione dalla Cavalleria che si proponeva la difesa delle Regole e dei deboli da abusi di altezzosi personaggi che hanno sempre popolato la storia del mondo.

D’altra parte, se all’epoca la Cavalleria era considerata una Nobile Istituzione ed essere Cavaliere rappresentava un elevato punto di orgoglio, non poteva essere altrimenti.

Ma, procediamo con ordine!

La massima espressione della regalità e della Cavalleria, nei primi anni dell’800 d. C. è certamente rappresentata dalla figura di Carlo Magno e dalla sua Corte formata da nobili Cavalieri che venivano chiamati “Paladini”

Attenzione a questa parola “Paladini”, perché, come vedremo, assumerà un’importanza fondamentale nel senso del linguaggio che con i secoli si andrà a sviluppare!

Carlo Magno, re saggio ed ispirato, con la sua corte di Paladini, tra i quali mi fa piacere citarne qualcuno come Orlando, Rinaldo, Oliviero, il danese Uggiero, Astolfo (cugino burlone di Rinaldo ed Orlando per il quale, come ci narra l’Ariosto, a cavallo dell’Ippogrifo si reca sulla luna a recuperare l’ampolla contenente il senno perso per la bellissima Angelica), si mette a difesa di una religione, quella cattolica, tanto da combattere battaglie e guerre, affrontando giganti, mori e sortilegi di maghi e fattucchiere, ben consigliato da Turpino, suo vescovo-guerriero personale e da Merlino, mago buono e saggio che mette in campo i suoi sortilegi solo per evitare mali maggiori.

Ecco, nel medioevo, la Cavalleria, nobile istituzione agli ordini di grandi Re e timorate Regine aveva questo compito: fare trionfare il bene e punire chi contro questo bene si poneva.

E i Paladini, difensori della legalità e del bene umano, questo fanno: combattono giorno e notte perché abbia ad affermarsi un mondo buono in contrapposizione con quello cattivo rappresentato da chi non rispetta la fede, la legge e la libertà altrui.

Per le loro gesta saranno cantati da menestrelli e grandi romanzieri ed affascineranno generazioni intere che si disputeranno l’originalità della storia narrata.

Tra tutti questi, non possono non essere ricordati Torquato Tasso con la sua Gerusalemme liberata e Ludovico Ariosto con il suo Orlando furioso.

A proposito di questi due grandi del quattordicesimo e quindicesimo secolo, si racconta che nell’ottocento, un nobile napoletano, un certo Michele Aragona, fosse talmente convinto della superiorità del Tasso sull’Ariosto che arrivò a combattere ben quattordici duelli vincendoli tutti. Al quindicesimo, il povero sventurato, fu ferito a morte e, proprio mentre stava per esalare l’ultimo respiro nelle braccia del padrino d’arme fece questa considerazione: “Sto per morire… prima o poi doveva capitare… e pensare che non ho mai letto nulla né del Tasso né dell’Ariosto…”.

Adesso, a parte le facezie che possono anche fare ridere ma rimangono solo facezie, davvero l’essere Cavalieri nel Medioevo impegnava il detentore di questo titolo a battersi senza riserve quando si fosse imbattuto in una qualche ingiustizia.

Qualora non lo avesse fatto sarebbe stato passibile di biasimo e perfino della perdita del Cavalierato. D’altra parte, è come oggi: il Presidente della Repubblica, a capo dell’Ordine,  conferisce per meriti, il titolo di Cavaliere, ma qualora il destinatario non avesse comportamento esemplare o incappasse in contrarietà con la Legge dello Stato o si rendesse indegno del titolo, questo verrebbe revocato.

Recentemente è capitato a qualcuno, anche abbastanza noto, ma a noi, stasera, questo non interessa.

Capite dunque quanto leale, serio e corretto doveva essere il comportamento di chi veniva nominato “difensore dei deboli e della legalità”.

Un altro importante ruolo in questo campo, con l’evoluzione dei tempi, simile a quello dei Paladini, venne recitato dai Cavalieri Templari che per quasi due secoli furono i “moderni paladini della religione cattolica e della libertà dei degli oppressi”.

Nati nel 1118 per opera di Ugo de Payns e Ugo de Champagne, assieme ad altri sette cavalieri divennero in pochi anni un ordine così potente che nessun re o vescovo-guerriero poteva loro dare disposizioni in quanto, con una bolla pontificia emanata dalla massima autorità religiosa, il Papa, a soli nove anni dalla loro fondazione, dovevano ubbidienza solo alla sua persona.

Sulla storia dei Cavalieri Templari si è scritto e detto di tutto e di più, spesso in modo improprio, se non completamente opposto a quello che furono e rappresentarono. In merito, ho scritto anch’io, ma non voglio parlarne stasera, se qualcuno ha la curiosità di conoscerne di più può farlo consultando i testi specifici.

Quello che mi interessa mettere in evidenza questa sera e che, nei secoli, ma soprattutto nel Medioevo, la legalità ebbe degli ottimi difensori.

Ma… il Medioevo era il Medioevo! La vita era quella che era, fatta di povera gente senza cultura, senza il tempo necessario per riflettere, senza possibilità di scambiare pareri e, aggiungerei… senza internet! Quindi, tagliati fuori da un mondo globale dove la globalità è quella cosa che porta a conoscere il mondo intero e tutto quello che succede restando comodamente seduti nel salotto della propria casa e, potendo anche influenzare gli stessi eventi.

In un tempo come il nostro – pensavo l’altro giorno, mentre in macchina cercavo di riordinare le idee per preparare questo intervento – in un tempo come il nostro, dicevo, non è più necessario che ci siano Paladini o Templari per difendere la legalità, perché questa dovrebbe essere un valore talmente sentito in un mondo che si reputa istruito, acculturato, civile, progredito, che dovrebbe venire spontaneo comportarsi secondo Legge, secondo Giustizia, secondo Moralità, secondo i canoni della civile Civiltà (perdonate il gioco di parole che serve solo per rafforzare il concetto).

E, quasi me ne stavo convincendo!

Quasi stavo arrivando ad affermare che in questo nostro mondo non c’era necessità di Paladini, intendendo per Paladini “i guardiani di legalità”.

Questo pensavo mentre ero fermo ad un semaforo, incolonnato, aspettando che tornasse il verde per potere, come gli altri in fila con me, attraversare l’incrocio.

Improvvisamente un giovanotto, con finestrino abbassato, radio ad altissimo volume, macchina sprintosa, con evidente noncuranza, sorpassava tutta la fila ed a velocità sostenuta attraversava il famoso incrocio con il rosso fregandosene del fatto che avrebbe potuto provocare un incidente e, forse arrecare danni irreparabili a sé ed all’ignaro conducente che, forte del “via libera” dalla propria parte procedeva sereno sfiorando la morte.

“E va bene – pensai, tentando una giustificazione – siamo stati tutti giovani! Tutti abbiamo fatto stupidate delle quali poi ci siamo pentiti…”.

Dopo avere percorso qualche chilometro, sempre ad un incrocio che dalla strada statale porta a casa mia, in mezzo a questo c’erano due vetture ferme, affiancate, con i conducenti in beata conversazione.

Sperai che accorgendosi del mio arrivo, quella avanti a me ripartisse o, quantomeno, accostasse per lasciarmi passare.

Niente di tutto questo. La conversazione continuò tranquilla lasciandomi per una diecina di secondi “in attesa” ed a rischio di essere tamponato da quelli che seguivano.

Ritenni opportuno non “sollecitare” acusticamente i due loquaci amici fino a quando quello davanti a me, mollando il freno della sua vettura non stava per venirmi addosso (eravamo in leggera salita).

Quale fu la reazione al mio colpo di clacson?

Con fare molto elegante, il tizio mi mandò a quel Paese!

Ovviamente, mantenendo la calma, lo ringraziai per avermi gentilmente indicato la strada che lui, evidentemente, conosceva bene e che io non avevo ancora avuto occasione di percorrere.

Questi due fatti, a breve distanza di tempo e di luogo, mi portarono a ribaltare completamente quello che aveva rappresentato fino a pochi minuti prima una mia seria riflessione sulla necessità di tutela della Legalità nel ventunesimo secolo, il secolo della massima conoscenza scientifica e dell’era globale.

Provai a fare dei paragoni con il passato, con il Medio Evo, e arrivai alla conclusione che era meglio allora, quando le persone incontrandosi, pur non conoscendosi, si salutavano con un “Buongiorno, messere!”.

Bene – considerai – il progresso, nei secoli, invece di migliorarci ci ha peggiorati e mai, più di oggi, c’è necessità di Cultura e di Legalità.

Purtroppo, siamo alla mezzanotte della Civiltà.

Siamo nel buio più profondo del rispetto del simile.

Siamo, per dirla con una frase cara a molti uomini di televisione, all’anno zero!

Ebbene, l’anno, questo, il 2014 sta per finire!

E con esso, io mi auguro, anche l’anno zero!

Oggi è il 21 dicembre.

Il giorno del solstizio d’inverno.

Il giorno in cui la notte ha completamente sopraffatto il giorno (proprio come i tempi di cui stiamo parlando)!

Ma è anche l’inizio della riscossa del giorno sulla notte, perché da oggi, il giorno, inizia a crescere e la notte a diminuire!

E’ l’inizio della riscossa della Luce sulle Tenebre!

E’ il giorno in cui, casualmente, teniamo questa manifestazione che ha come obiettivo quello di mettere in evidenza i valori della Luce, della Legalità, della Cultura.

Oggi, con il solstizio d’inverno, rinasce la Speranza di una stagione nuova, migliore, in cui veramente il rispetto delle regole, della legge, degli altri, siano valori insiti in ognuno di noi senza che altri debbano ricordarcelo.

Ecco, io, stasera, sarei veramente felice se solo percepissi, non dico la certezza ma la sensazione, che ognuno di noi, alla fine di questa bella serata, uscendo da questa sala si sentisse un po’ Paladino!… Un pò portatore e difensore di questi valori indiscutibili e non commerciabili.

Sarei veramente felice se ognuno di noi, stasera, iniziasse a pensare che deve essere di esempio positivo per tutti quelli che, ahi loro, non hanno ancora compreso che l’uomo, con il suo egocentrismo, si sta suicidando!

Certo, non è facile fare questo!

Non è facile perché il grido che il nostro pianeta ed in modo particolare la nostra terra, la Calabria, questa Calabria fin troppo vituperata, offesa, stuprata sta lanciando non è più di dolore ma si è trasformato in grido di agonia.

Badate, “agonia”!

Capisco che dare l’esempio significa essere ogni momento sotto i riflettori!

Ma, proviamoci!

Proviamoci ricordando, però, che saremo davvero di esempio agli altri quando potremo dire di avere raggiunto un equilibrio personale comportandoci in privato, quando cioè siamo soli con noi stessi, come pensando di dare l’esempio, ci comporteremmo in pubblico.

In definitiva:

Educhiamo noi per educare gli altri!

Amiamo noi stessi per amare gli altri!

Diamo agli altri per dare a noi stessi!

Grazie per avermi ascoltato e… Buone festività a tutti!

21 dicembre 2014

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