Legalità e scuola

La luce vince sempre sul buio

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Legalità e scuola

Come testimone di quegli anni vengo spesso chiamato nelle aule non di tribunali ma di scuole di tutta la mia regione, la Calabria, a relazionare su di un argomento di grande attualità e interesse: la Legalità. Certo, in questa terra meravigliosa e violentata ogni giorno da individui senza scrupoli e indegni di appartenere alla razza umana che si vantano di appartenere a “ndrine” considerando questa appartenenza un titolo onorifico e non una declassazione a infima specie, di Legalità ce n’è davvero tanto bisogno. E allora, il mio impegno civile, il mio piccolo contributo di contrasto a questo stato di estremo disagio generato da questa categoria di sedicenti “uomini d’onore”, è quello di parlare ai giovani raccontando non solo la mia esperienza personale ma esaltando i valori che contribuiscono a farli crescere, a farli diventare non “uomini d’onore” ma “onore degli uomini”. E il mio discorso, come dicevo, non può che partire da lì; da quegli anni davvero tristi per l’Italia, quelli dell’ultimo decennio del secolo scorso che per i loro fatti determinarono la crisi della democrazia rappresentativa con l’inchiesta milanese denominata “Mani pulite” che mise sotto accusa l’intero potere politico e la sfiducia dei cittadini nello Stato di diritto dovuta alle stragi di mafia culminate con gli orrendi eccidi di Capaci e Via D’Amelio, a Palermo dove, con il grado di Capitano dell’Esercito ero stato trasferito l’anno prima e dove, proprio a seguito delle stragi, nell’operazione antimafia denominata “Vespri Siciliani II”, oltre all’attività operativa di contrasto alla criminalità svolta sul territorio, ero stato impegnato nel coordinamento e trasporto di circa 300.000 militari provenienti da tutta Italia ed in questa impegnati.

Furono tempi difficili quelli degli anni ’90 e la percezione che l’illegalità dovesse divorare ogni forma di legalità era diffusa, alimentata dalla supponenza della politica trasformatasi in salottiera, lontana dai problemi della gente comune, con propensione alla collusione con il malaffare e più o meno velati tentativi di legittimare la corruzione dilagante trasformandola in regola accettata.

Parlare di “Legalità” dunque, raccontando le mie esperienze! Questo l’argomento che dai dirigenti scolastici mi veniva e mi viene spesso chiesto di trattare con il fine di dimostrare ai giovani studenti quanto bisogno di essa ci sia, oggi come ieri e come, certamente, domani.

Ma, parlare di Legalità, affermando che di essa ci sia necessità equivale ad affermare che dove se ne parla, con il fine di stimolarne un proficuo apprezzamento, la Legalità, quella condizione indispensabile alla civile convivenza, in quel posto langue ovvero non gode di buona salute. E se non gode di buona salute la Legalità, anche la società è malata perché in essa si è impiantato un meccanismo anomalo, un tumore capace di divorare le altre cellule, quelle buone, arrivando con la metastasi alla completa sopraffazione.

Ecco, questa fu la condizione, quella di malato terminale, in cui venne a trovarsi l’Italia (e purtroppo si trova ancora anche se per motivi diversi) in quell’ultimo decennio di fine secolo: la piovra stava divorando lo Stato costringendolo ad abdicare e questo, però, non poteva e non doveva succedere. La fiducia del popolo italiano nelle istituzioni non poteva essere svenduta e sacrificata in nome di una paura generalizzata cresciuta negli animi dei cittadini onesti con l’attuazione della strategia del terrore susseguente alle cruente azioni delle mafie. Era necessaria una reazione, forte, decisa, che usando tutti i mezzi legali a disposizione avrebbe permesso proprio a quello Stato divenuto timido e timoroso di riappropriarsi del territorio perso. Era necessaria una controffensiva che avrebbe costretto l’illegalità alle corde, indebolirla e, infine, sferrarle il colpo finale.

E l’Italia reagì! L’Italia tutta seppe reagire con forza schierando sul terreno i suoi uomini e le sue donne migliori che con coraggio, armati solo del loro credo nella Legalità affrontarono a testa alta il nemico ed io, piccola tessera di quel complesso e grande puzzle appositamente costruito per opporsi all’illegalità, piccolo ingranaggio di quella potente macchina statale di contrasto, ne sono testimone pronto a confermarlo! Al mio giovane uditorio spiego, prima di arrivare a trattare il tempo attuale, che in quegli anni in Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia e Campania si lavorò molto per riaffermare la Legalità! Molti pagarono con la vita, come i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino assieme alle loro scorte. Ma il loro sacrificio servì a prendere coscienza che si era arrivato al punto al di là del quale non ci sarebbe stato ritorno. Si era giunti al limite oltre il quale il baratro ci avrebbe inghiottiti. Era necessario fermarsi prima della catastrofe e reagire! La società civile alzò il suo grido di dolore che lo Stato, quello formato da cittadini onesti, raccolse, chiamando sul campo di battaglia le sue  forze  migliori, quelle nate con il compito di difenderlo e di difendere quella Legalità calpestata da spregevoli sanguinari. Tutte le forze di polizia e noi dell’Esercito, non ci risparmiammo, ritrovando un orgoglio nazionale sopito che, fortunatamente, non era stato domato. Non guardammo mai all’orario di lavoro o a diritti spettanti per operazioni speciali come quella della citata “Vespri Siciliani II”. Passammo notti insonni a vigilare su obiettivi sensibili e personalità impegnate sulla linea di fuoco nella lotta alla mafia, alla delinquenza, a quella piovra che aveva ampiamente dimostrato di essere forte e di mirare alla sopraffazione dello Stato di diritto, alla morte, cioè, della democrazia rappresentativa pensando di potere stipulare patti con alcuni personaggi equivoci a questa appartenenti e pronti a tradire.

Tutti capivamo che il premio per quel nostro lavoro era più grande di qualsiasi altro riconoscimento materiale perché il nostro premio finale era “ristabilire la Legalità e far ritornare nei cittadini la fiducia nelle istituzioni che da sempre sono a garanzia della nostra Libertà”.

Già, la Libertà! Questo era il premio per i nostri sacrifici! Lottando per l’affermazione della Legalità noi venivamo pagati in Libertà! Ecco qual’era la nostra preziosa moneta! Perché è bene chiarire questo: senza Legalità, giustamente rappresentata nell’immaginario collettivo come “equa amministrazione della Giustizia” e, quindi, di questa, parte integrante, non c’è Libertà! La Legalità, e quindi la Giustizia,  sono complementari alla Libertà: non può esistere l’una se manca l’altra! Riflettiamo bene su questo; non dimentichiamo mai che dove alberga l’illegalità non ci può essere Libertà; non ci può essere quel bene inestimabile che Rousseau nel suo Contratto Sociale pone a base della civile società (o associazione di individui) per la costruzione dello Stato di diritto. E a questo proposito, parlando di Libertà e Giustizia, quindi di Legalità, mi viene in mente un meraviglioso complesso statuario posto in cima alle scale del Tribunale di Catanzaro dove le due dee, la Giustizia e la Libertà, sono raffigurate come ultime superstiti, significando con questo che l’uomo non può farne a meno.

Ecco, dunque, il pensiero che deve essere trasmesso ai giovani: ‹‹sarete liberi, veramente liberi, quando vi sarete adoperati a difendere la legalità riuscendo nel proposito!››. Ma bisogna ricordare ancora loro che l’illegalità non si combatte solo manifestando contro la delinquenza organizzata o meno organizzata, non si combatte con le parole, non si combatte seguendo mode e personaggi che si dichiarano paladini della Legalità traendone spesso da questa falsa lotta un tornaconto personale o per loro sodali. No! L’illegalità si combatte ogni giorno con l’esempio, con la presa di coscienza che determinati principi sono universali; che concetti come Libertà, Legalità e Giustizia sono linfa vitale; che senza questi valori la nostra condizione diverrebbe schiavitù eterna! E nella condizione di schiavo non manca solo la Libertà, non manca solo la Giustizia, non manca solo la Legalità, ma viene a mancare anche la Dignità! Quella Dignità della quale ogni essere vivente non può fare a meno! Quella Dignità che ogni uomo ha diritto di avere dalla sua nascita e fin anche dopo la sua morte! Quella Dignità che nessuno può negare e a nessuno può essere negata!

Come si vede, dunque, parlare di sola Legalità ai giovani (ma un sano discorso andrebbe fatto a tutti) è restrittivo perché limita l’azione pedagogica. Ci sono, infatti, certi valori che non possono essere scissi perché il loro complesso è parte inalienabile nella costruzione di una società sana, forte, giusta e libera. E’ questa la società che vogliamo e che dobbiamo costruire, ognuno nei limiti delle proprie possibilità e disponibilità; ognuno divenendo esempio e cercando l’esempio.

Oggi, come accennato, il bisogno di Legalità permane, anzi, l’esigenza è addirittura aumentata perché ogni città, ogni paese, ogni borgo della nostra Italia è ad alto rischio e gli organi addetti al controllo del territorio, per varie cause, non ultime quelle di tagli e ritagli alla spesa pubblica, non sono in grado di garantire protezione ai cittadini onesti. Inevitabilmente, come una diabolica equazione, diminuendo la sicurezza aumenta pericolosamente la sfiducia nelle istituzioni che lentamente stanno scivolando senza possibilità di risalita sul piano inclinato dell’indifferenza di una società sempre meno sociale.

In conclusione, la mia esperienza mi porta a credere che oggi più che mai la Legalità sia una delle prime emergenze che i governi di tutto il mondo debbano affrontare con immediatezza intervenendo non solo con la repressione ma soprattutto con la prevenzione che si realizza educando i popoli e, nel nostro caso, soprattutto i giovani che saranno la società del futuro. Dunque, senza riferimenti nostalgici ai “bei tempi passati” è necessario ristabilire nelle scuole quella materia che una volta veniva chiamata “educazione civica” poi abolita anni fa da saccenti ministri sempre in nome di una riduzione della spesa pubblica che rimase sempre uguale ma comportò, di contro, un aumento di giovani con un ridotto senso dello Stato e del dovere civico condito da un egocentrismo esasperato. Perché la Legalità possa essere riaffermata nell’intero Paese e, più in generale, nel mondo è necessario che la scuola si riappropri delle sue funzioni educative non solo di quelle a sfondo scientifico e professionale ma anche e soprattutto di quelle che riguardano la “formazione generale della gioventù” infondendo e facendo coltivare quei valori come Legalità, Rispetto, Giustizia, Libertà e Uguaglianza, solo per citarne alcuni, che diedero origine alla Carta dei diritti dell’uomo. Ecco allora che verrà a realizzarsi quell’azione pedagogica cui si accennava prima alla quale dovranno obbligatoriamente partecipare anche la famiglia e la religione (qualunque sia quella professata) perché solo da una stretta collaborazione tra scuola, chiesa e famiglia si può sperare in un mondo dove non ci sarà più alcun bisogno di spiegare a giovani studenti cos’è e come si ottiene la Legalità!

Francesco Deodato

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